The most exciting phrase to hear in science, the one that heralds the most discoveries, is not "Eureka!", but "That's funny..." (Isaac Asimov)

giovedì 30 luglio 2009

Wolfgang Köhler, un pioniere della moderna primatologia

Aver di meglio da fare durante la Grande Guerra

Il XX secolo, frenetico sotto molti aspetti, non mancò di esserlo nemmeno per le scienze naturali. Mentre nascevano la genetica, l'etologia, la psicologia e mentre personaggi del calibro di Julian Huxley, degno nipote di Thomas Huxley, fondavano quella che verrà chiamata Nuova Sintesi chiamando alla cooperazione specialisti sia di questi nuovi campi del sapere che di quelli più tradizionali, anche lo studio dei Primati aveva i suoi primi pionieri. In Giappone sorgeva la scuola di Imanishi, e verso la metà degli anni '50 sarebbero state compiute le famose scoperte sui comportamenti culturali dei macachi dell'isola di Koshima, mentre in Occidente l'interesse fu rivolto soprattutto agli scimpanzé tenuti in cattività, e alle notevoli capacità latenti che dimostravano di poter sviluppare.

Allo scoppio della prima guerra mondiale, un giovane psicologo tedesco di nome Wolfgang Köhler rimase bloccato a Tenerife dove trovò una colonia di scimpanzé trasferitavisi per conto dell'Accademia Prussiana delle Scienze; fu così che decise di studiarne le capacità cognitive, producendo una lunga ricerca che è ormai un classico della psicologia comparata. Tra tutti quelli che si occuparono di questo tipo di ricerche in questo periodo, Köhler è probabilmente il più rilevante in quanto si può dire che abbia riscontrato praticamente ogni schema comportamentale sotteso ai comportamenti che verranno poi scoperti negli studi sul campo dopo gli anni '60, e molti se non la totalità di quelli riscontrati in genere negli scimpanzé. Non fu solo un pioniere, fu anche uno di più abili primatologi di un'epoca in cui questa disciplina praticamente non esisteva ancora.

Gli esperimenti di Köhler coinvolgevano solitamente uno stimolo, un ostacolo e un potenziale strumento per eliminare l'ostacolo: nella sua forma tipica questo esperimento consisteva nel mettere del cibo subito fuori dalla portata di uno scimpanzé e consegnarli un bastone col quale, ben presto, questi imparava a recuperare il cibo. In alcuni di questi esperimenti gli scimpanzé dovevano riuscire a procurarsi un bastone abbastanza lungo utilizzandone uno più corto (oppure impilare l'una sopra l'altra due o più cassette per raggiungere una ricompensa posta in alto), e riuscendoci dimostravano di saper attuare un minimo di progettazione delle azioni future. Un altra serie classica di esperimenti, di cui Köhler porta numerosi esempi, è inoltre quella che riguarda la costruzione o modificazione di arnesi: svuotando cassette per poterle spostare, rompendo bastoni o pezzi di legno, togliendo turaccioli da bastoni cavi per poterli congiungere ad altri e via dicendo gli scimpanzé dimostravano un grado ancora maggiore di progettualità: la capacità di adattare lo strumento ai propri scopi.

Cosa concluse Köhler da questi studi? Innanzitutto c'è da ricordare che egli dovette sempre fare i conti con l'altra faccia della medaglia delle condizioni sperimentali: queste sono sicuramente più favorevoli a elaborare prove scientifiche delle proprie teorie, e soggetti come gli scimpanzé possono essere certamente difficili da studiare in natura, ma solo osservandoli nel loro ambiente ci si può rendere davvero conto di alcune loro capacità. Köhler, che diceva “la persona che veda una scimmia antropomorfa mentre fa preparativi per un esperimento previsto nel futuro, le cui condizioni di svolgimento non sono ancora visibili, sarebbe testimone di una conquista ancora più alta...” non immaginava la facilità con cui questo comportamento è osservabile in natura, ad esempio quando alcuni scimpanzé scelgono i sassi adatti con cui aprire le noci distanti. Per via di questa mancanza di informazioni, probabilmente, e per una parsimonia nel formulare ipotesi sulle scimmie antropomorfe che gli proveniva dall'epoca in cui si trovava a vivere, era convinto che i comportamenti di queste scimmie antropomorfe, per quanto flessibili e intelligenti, fossero dettati solamente dai loro impulsi e bisogni istintivi, e che non fossero “aperti al mondo” e capaci di “conoscerlo in quanto tale”.

Insomma, per lo psicologo tedesco questi non avevano varcato ancora la barriera che stava tra gli uomini e gli animali, una barriera che forse si era spostata da quando Cartesio riteneva questi ultimi poco più che automi, incapaci addirittura di provare dolore, ma che purtuttavia reggeva ancora stabile, condizionando l'interpretazione e la ricezione di ogni nuova scoperta.

In molti seguirono l'esempio di Köhler, conducendo ogni genere di esperimenti su scimpanzé, oranghi, gorilla e gibboni, ma anche su scimmie non antropomorfe di vario genere come macachi o cebi cappuccini. I risultati furono controversi, contrastanti e segnati spesso da scarsa comprensione dei soggetti sperimentali dato che di pari passo a questi studi sulle capacità cognitive ne venivano compiuti pochi o nessuno sull'organizzazione sociale e sulla vita emotiva, né all'epoca si sapeva quanto fosse importante assicurare agli scimpanzé condizioni di vita simili a quelle allo stato naturale per ottenere da loro prestazioni in linea con le loro reali capacità. Ciò nonostante, il terreno era ormai fertile per ricerche di questo tipo e per il diffondersi di idee nuove e rivoluzionarie, che arrivarono puntuali qualche decennio dopo.

mercoledì 29 luglio 2009

Satiri e pigmei, le antropomorfe sbarcano in Europa

Troppo giovani per essere scimmie?

Non so quanti di voi abbiano mai visto uno scimpanzé, un gorilla o un orango dal vivo, chi lo ha fatto probabilmente non ne sarà uscito illeso, e non intendo fisicamente (a meno che non sia stato un po' troppo imprudente), parlo dello sgomento che sale nel vedere animali così simili a noi. Potete immaginare che effetto dovessero fare a uomini digiuni di evoluzionismo e imbevuti di religiosità?

È durante la prima metà del XVII secolo che i confusi e pittoreschi racconti che i marinai narravano da tempo su uomini selvaggi simili a bestie che si diceva abitassero le foreste remote cominciano a prendere forma concreta, sbarcando fisicamente sulle coste europee e in particolare in Inghilterra e in Olanda, due nazioni che non a caso avevano frequenti commerci con le Indie Orientali e con l'Africa. I primi esemplari furono perlopiù individui giovani (e quindi più resistenti a un lungo viaggio per mare oltre che più facili da catturare) e facevano parte di due generi soltanto, ovvero oranghi e scimpanzé (di entrambe le specie, scimpanzé comuni e bonobo), e vennero considerati per lungo tempo appartenenti a una sola specie. Questi animali presero presto il nome di ourang-outang, il nome che un medico olandese di ritorno dalle Indie Orientali aveva riferito fosse utilizzato dalla popolazione indigena per la rossiccia antropomorfa locale (ovvero l'orango, e non lo scimpanzé che invece abita l'Africa tropicale), traducibile con "uomo dei boschi". Questa confusione tra le specie di scimmie antropomorfe sarebbe stata comune per qualche decennio ancora, anche in ambito scientifico.

Inizialmente una stramberia per nobili, questi animali erano accompagnati da fantasiosi resoconti delle loro abilità, che arrivavano a comprendere ad esempio la capacità di parlare (si aggiungeva però che di norma se ne stavano zitti per non essere costretti a lavorare, i furboni). Oltre alle fantasie di marinai ed esploratori però c'era del vero nel vedere in loro abilità straordinarie per degli animali, e se forse l'affermazione di Samuel Pepys per il quale a uno scimpanzé "si poteva insegnare a parlare e a fare segni" va presa con le pinze di certo scimpanzé e oranghi stupirono chiunque li incontrasse per la loro somiglianza con la nostra specie.

Finalmente, nel 1641 viene pubblicata la prima descrizione ufficiale da parte di uno scienziato, il medico olandese Nicolaas Tulp, di quello che oggi si ritiene fosse stato uno scimpanzé o un bonobo proveniente dal serraglio dello statolder Frederic Henry, principe d'Orange. L'esame condotto da Tulp e le conclusioni a cui arrivò furono probabilmente viziati da una serie di elementi contingenti: sicuramente favole e dicerie lo seguirono passo passo nel suo studio (ad esempio non riuscì a rendersi conto che l'animale non era in grado di camminare completamente eretto), ma un ruolo importante lo giocò l'età dell'esemplare, troppo giovane per rendersi del tutto conto delle differenze tra antropomorfe e umani. Cosa c'entra l'età in tutto questo? Come descritto tra gli altri da S.J. Gould in un indimenticabile saggio sull'evoluzione della raffigurazione di Mickey Mouse nei fumetti Disney negli anni (lo trovate in "Il pollice del Panda", edito in Italia da svariate case editrici nel corso degli anni), alcune specie presentano quelli che vengono chiamati caratteri neotenici, ovvero simili a quelli presenti negli individui giovani di altre specie venute in precedenza nella successione evolutiva. Qui a destra si nota molto bene la differenza tra uno scimpanzé giovane e uno adulto (attenzione però, lo scimpanzé non è un nostro antenato diretto! è però presumibilmente molto simile ai nostri "nonni"), e se ben ricordate lo scimpanzé sezionato da Tulp assomigliava molto più all'immagine di sinistra che a quella di destra: si capisce facilmente cosa lo portò a sovrastimare le somiglianze tra quell'antropomorfa e noi.

Per tutti questi motivi arrivò a dire che tra uomo e ourang-outang le differenze fossero minime, e assegnò a questa specie il nome scientifico di Satyrus indicus credendo di aver trovato in questo animale all'apparenza troppo umano addirittura il mitologico satiro, tralaltro già descritto come reale più di un millennio prima da Plinio il Vecchio. Questa scelta, che può apparire curiosa per un uomo di scienza agli occhi del lettore contemporaneo, poggiava su un nutrito immaginario popolare che già in epoca medievale pullulava di raffigurazioni fantasiose e grottesche di uomini selvaggi simili a scimmie, dotati peraltro spesso di turpi abitudini sessuali (come peraltro il satiro della leggenda).

Qualche decennio dopo, nel 1699, è il turno di un altro medico, l'inglese Edward Tyson, di compendiare le notizie sull'ourang-outang con una meticolosa dissezione di un esemplare adolescente, probabilmente un bonobo, giunto a Londra con una nave proveniente dall'Africa nel 1698 e morto quasi subito a causa di un infezione (lo scheletro è ancora visibile al museo di Storia Naturale di Londra, e lo trovate fotografato da me stesso medesimo all'inizio di questo post). Più accurato dell'esame di Tulp, quello di Tyson mise a paragone svariate caratteristiche morfologiche dell'ourang-outang con quelle dell'uomo e di altre specie di scimmie conosciute all'epoca e individuò 48 dettagli anatomici dell'ourang-outang che assomigliavano più ai corrispondenti umani e 34 che invece ricordavano maggiormente i corrispondenti scimmieschi, tanto che Tyson chiamò l'ourang-outang “pigmeo”, una mitologica razza di nani che autori antichi e medievali volevano abitanti dell'Africa. State cominciando a pensare che dare agli animali nomi di esseri fantastici fosse una stravaganza dell'epoca? non avete tutti i torti, ma a ben guardare se qualche decennio più tardi Linneo potè classificare (solo sulla base di racconti, ovviamente) tutta una serie di creature scimmiesche fittizie nel genere Homo da lui coniato, forse tanto "fantastici" all'epoca non erano considerati.

Ad ogni modo Tyson contribuiva col suo lavoro a consolidare l'immagine dell'ourang-outang come forma di vita intermedia tra l'uomo e gli altri animali. Dove però riconosceva vicinanze notevoli dal punto di vista anatomico, Tyson precisava (sulla scorta di Descartes, autore che ebbe molta influenza sul pensiero occidentale anche in questo ambito) che come tutte le creature viventi eccettuato l'uomo l'ourang-outang non possedeva un'anima razionale, ed era quindi una specie di “automa naturale” guidato a comportamenti meccanici da impulsi e risposte istintive. L'anima razionale quindi, e non qualche tipo di differenza fisica, distingueva l'uomo dagli altri animali e in questa maniera veniva sottolineata anche l'importanza che rivestiva per questi autori la volontà divina nel decretare cosa fosse la natura umana.

Sia Tyson che Tulp, con il loro operato, diedero nuovo materiale a una tradizione già ben avviata in ambito filosofico e in via di affermazione in quello naturalistico che voleva gli esseri viventi ordinati in una vera e propria scala naturae, nella quale ognuno avesse il suo posto stabilito in una progressione crescente verso la
maggiore complessità. Questa idea, che resistette in varie forme per lungo tempo, si impose per la prima volta nella comunità dei naturalisti con Charles Bonnet e in un certo senso alcune sue implicazioni furono sempre sottintese, anche dopo la scomparsa della sua versione più letterale dal dibattito, nei numerosi autori che partirono in seguito da una concezione antropocentrica del mondo, in opposizione agli autori tesi invece a lavorare su un'ipotesi di continuità, più o meno accentuata, tra esseri umani e mondo naturale. Fatte le debite proporzioni, molta della scienza
biologica successiva si può in ultima analisi ascrivere a un confronto tra queste due fazioni.

Anche molti autori guidati da sincero spirito naturalistico e determinati ad abbandonare concezioni predeterminate e fuorvianti come quella di scala naturae non riuscirono però a rinunciare davvero all'idea che l'uomo fosse qualcosa di altro dal mondo naturale, e anche dopo la comparsa provvidenziale (anche se fa un po' ridere questo aggettivo messo qui) di Darwin e Wallace ci volle del tempo perché questa idea si facesse strada. Una strada però, è bene sottolinearlo, che se non fu aperta fu sicuramente spianata dalla comparsa di questi strani scimmioni ostinati a stupirci.

martedì 14 luglio 2009

[sciopero?] per quel che vale

Questo blog oggi non sciopera, e il perché sta tutto in questo pregiato pezzo di mfisk (nonsoabbastanza.blogspot), che da quando ho un po' smesso di scrivere l'altro blog è diventato uno dei miei punti fermi internettiani

siccome, caro lettore, sei statisticamente pigro e non cliccherai ti riassumo la questione: il DDL fa schifo ma questo sciopero è inadeguato, oltre che inutile; se ora sei curioso clicca e se vuoi un consiglio salvati quel blog tra i preferiti).